Una buona vittoria quella di sabato con il Verona; tre punti che fanno morale dopo un mese nel quale gli uomini di Mazzarri hanno collezionato due pareggi e una sconfitta.
Ora però ci sono due trasferte storicamente ostiche come quelle di Bergamo e Udine, campi nei quali l’Inter ha sempre faticato ed è spesso tornata a casa a mani vuote e con molti rimpianti. Ci apprestiamo ad affrontare queste due partite fondamentali per capire veramente chi siamo con un grosso problema; l’affidabilità della difesa.
Dieci gol subiti nelle ultime cinque partite sono numeri che non fanno dormire sonni tranquilli e anzi preoccupano parecchio perché non ci sarà sempre Palacio a mascherare i problemi della nostra retroguardia e soprattutto non ci sarà sempre la difesa del Verona che ci concede tre gol da calcio d’angolo. Le partite si vincono anche 0-1 con un ‘golletto’ fortunoso e una difesa impenetrabile, termine che ora come ora non si addice di certo a quella neroazzurra.
Anche sabato sera, nella vittoria con l’Hellas la sensazione era quella di una difesa fragile, spesso in difficoltà e impreparata. Non è un caso che Toni e compagni abbiano trovato più volte la via della porta; emblematica è l’azione del primo gol, nel quale una semplice sponda dell’ariete clivense per l’incursione di Martinho ha aperto in due la retroguardia interista, con J.Jesus totalmente fuori posizione e un buco centrale abilmente sfruttato dal brasiliano del Verona.
Così non va bene e Mazzarri deve trovare una soluzione per chiudere la porta; se Campagnaro non recupera di certo non si può continuare ad insistere imperterriti con Ranocchia, Jesus e Rolando che singolarmente sono anche buoni giocatori, me assieme ne combinano di tutti i colori e non danno garanzie di affidabilità. Si rischierebbe infatti di ignorare quello che è sotto l’occhio di tutti: bisogna cambiare.
Forse cambiare modulo o forse cambiare interpreti con l’inserimento di Samuel; di sicuro non si può continuare a prendere due gol a partita perché quelle con Atalanta e Udinese saranno sicuramente match di sofferenza in cui un gol preso influirebbe sul tema tattico della partita e comprometterebbe il risultato perché risulterebbe difficilissimo riuscire a ribaltarlo ancora una volta contro due squadre che si chiudono e ripartono velocemente.
28 anni di Conegliano, laureato in Economia, scrivo di calcio per passione.
La fede neroazzurra mi è stata trasmessa da mio padre, anche lui interista accanito.
Da tifoso non dimenticherò mai quella notte, seduto nei gradini del Bernabeu, guardando il 22 che la metteva sotto la Nord… Come diceva quel grande striscione esposto, “Internazionale, mi fai tremare il cuore….mi fai smettere di respirare….”